Partire da Vancouver e arrivare a Los Angeles è un viaggio che non mi sarei mai aspettata di fare. Non so perchè, ma gli Stati Uniti non sono mai stati nella mia top 10 dei paesi da visitare. Troppo grandi, troppi soldi, troppe cose da vedere che non sai mai neanche da dove partire.
E invece quel giorno ero in Canada e guardavo fuori dalla finestra della mia camera e mi sentivo così annoiata e ho pensato: “Non ho piu voglia di stare qua. Me ne vado“.
E così ho fatto.
Mentre parlavo con la padrona di casa spiegandole il motivo per il quale avrei lasciato la stanza da li a poco, il mio viaggio stava già prendendo forma. Carmen mi ha spiegato che in un paio di giorni il marito sarebbe dovuto andare a Vancouver a vendere la frutta e la verdura dell’orto.
Mi trovavo in una fattoria e aiutavo di tanto in tanto con qualche lavoro agricolo perchè i proprietari oramai stavano iniziando a non aver più l’età per stare piegati tutto il giorno a raccogliere peperoni.
Canada: Vancouver
Così quella mattina verso le 4 del mattino partiamo. Da Kelowna guardiamo scomparire poco per volta le luci di quella città che mi ha ospitato per molti mesi, un paio di ore più tardi il sole inizia a fare luce sulla strada e Gregory finalmente comincia a vedere decentemente dove stiamo andando. Un viaggio da incubo, un uomo che dovrebbe abbandonare la patente a casa in un cassetto e buttare la chiave.
Alle 8 finalmente siamo a Vancouver pronti a posizionare la bancarella davanti alla chiesa. Piove a dirotto e io ho le scarpe di tela. Le persone arrivano, comprano veloci e spariscono nel portone della chiesa. Quando la messa finisce qualcun’altro che non aveva fatto in tempo a comprare la nostra verdura si avvicina e poco per volta i peperoni si dimezzano. Carichiamo nuovamente tutto sul furgone e ci spostiamo verso un’altra chiesa. A fine mattina e con il furgone quasi vuoto, Gregory mi accompagna alla metro più vicina.
Sua moglie Carmen mi ha messo in contatto con una famiglia di colombiani che vive a sud di Vancouver, ma prima di arrivare a casa loro faccio tappa all’ospedale a nord della città. Un mio amico giapponese ha avuto un incidente di lavoro e si è rotto entrambe le gambe. Quando sei all’estero è facile ritrovarsi soli, soprattutto se non ti puoi muovere dal letto!! Io e la mia testa di panda siamo arrivati per fargli fare qualche giro in ospedale con conseguenti risate da parte di tutti, infermiere e malati.

Arrivo davanti alla casa della famiglia che mi ospiterà per la notte che è quasi buio. Il quartiere è carino, ma la loro casa è sicuramente quella conciata peggio. Una famiglia senza troppi soldi, con due bambini piccoli e la moglie che non parla minimamente inglese. L’unico a portare a casa uno stipendio è lui, il capofamiglia. Mi accolgono come se mi conoscessero da sempre. Io e lei ci capiamo subito e con l’aiuto del traduttore iniziamo a chiacchierare, gioco un po con i bambini e poi tutti a letto.
Quella notte ho dormito in un lettino con le coperte di Cars, uno dei cartoni animati preferiti dai bambini. Al mattino un odore buonissimo che arriva dalla cucina mi sveglia e mi fa sgattaiolare fuori dalle coperte. Marisol mi sta preparando una colazione tipica colombiana che mi sazierà fino a metà pomeriggio. Una famiglia bellissima che pur avendo poco, mi ha dato tantissimo. Purtroppo è già l’ora di andare per me. Metto in spalla lo zaino e mi dirigo verso la stazione dei bus in attesa di quello giusto che mi porti a sud, oltre il confine.
Approfondimenti: Diario di viaggio – Tre giorni a Vancouver
Washington State: Seattle
Passare il confine
Il bus si ferma in dogana.
Tutti i passeggeri sono obbligati a scendere con i bagagli e mostrare il passaporto al proprio turno. Io sono l’ultima e all’agente che mi sta controllando non piace il fatto che io stia entrando negli Stati Uniti senza un biglietto di uscita. Inizia così una discussione di circa mezz’ora.
Gli racconto che andrò a casa di un amico che ho conosciuto tramite un sito che si chiama Workaway. Lui non ne ha mai sentito parlare e così inizio a raccontagli tutta la storia e di come ho viaggiato per anni, lo rassicuro che non sto entrando per lavorare e che non ho un biglietto di uscita perchè non so dove questo viaggio mi porterà. Quando il mio visto starà per scadere deciderò da quale città comprare il volo per tornare a casa.
Di solito non menziono mai Workaway quando passo una dogana, mi preparo un piano di riserva, ma in questo caso non avevo nulla da perdere, perchè il viaggio non era programmato. L’unico che mi aspettava era Aaron. Il ragazzo che mi avrebbe ospitato a Seattle in cambio di un paio di ore di lavoro al giorno.

Mentre l’agente mi lasciava andare, io speravo che il mio bus mi avesse aspettata tutto quel tempo. Apro la pesante porta di uscita e per fortuna il mio bus era ancora li. Torno al mio posto e dopo un secondo sono di nuovo in viaggio.
La stazione dei bus di Greyhound non è situata in una zona particolarmente interessante, ma facendo pochi passi verso nord si raggiunge il centro della città. Prima di avventurarmi tra i grattacieli avrei voluto cambiare i dollari canadesi in dollari americani, ma è impossibile. Con le nuovi leggi di Trump puoi cambiare i soldi soltanto se sei residente in US, così mi tocca prelevare per pagare il biglietto del bus cittadino. A cambiare i soldi ci penserò in un secondo momento quando li darò in mano a qualche americano di fiducia conosciuto durante il viaggio.
I miei primi 10 giorni con Aaron
La casa di Aaron è in una zona davvero bella di Seattle, un quartiere tranquillo a ridosso di un lago e una bellissima passeggiata tutta intorno. Dalla villetta si vede il lago e il tramonto. Ma non è Aaron ad accogliermi. Conosco così due ragazzi del Nord Carolina, anche loro arrivati li con Workaway con i quali si instaurerà in fretta un bellissimo rapporto e il progetto di ritrovarsi in Italia o in Carolina molto presto.
Aaron è un ragazzone sulla quarantina che ha trasformato la sua casa in un bellissimo progetto per viaggiatori. La casa è piena di couchsurfer che vanno e vengono in continuazione e nei 10 giorni in cui ho vissuto li ho conosciuto così tante persone che arrivavano da tutto il mondo che probabilmente mi sarò anche dimenticata qualcuno! Ho aiutato a tenere pulita la casa e il giardino, ho cucinato qualche piatto italiano, mi sono presa cura di Samantha, la gatta, ma ho anche avuto l’opportunità di visitare Seattle in compagnia, il mercato, i diversi quartieri, il museo della musica e le feste.

Il giorno che sono dovuta partire, Julia e Brian, i miei due nuovi amici del Nord Carolina, mi hanno accompagnato alla stazione dei bus da cui ero arrivata e ho preso un altro bus che mi ha portata a Portland.
Approfondimenti: Alcune cose da sapere su Seattle prima di partire
Oregon: Portland
Portland è una città particolare, carina, ma davvero piena di tossici che vivono nelle loro tende posizionate sui marciapiedi del centro. La famiglia che mi aspettava viveva a sud della città, in un quartiere ricco di ville da milioni di dollari, dove la gente sta bene e non ha nessun problema di soldi.
Quando ho bussato alla porta di casa a due ante ho trovato ad aprirmi due belle persone e un cane che mi hanno subito accolta nel migliore dei modi e mi hanno accompagnata su per le scale nella mia stanza con la moquet beige e un letto pieno di cuscini soffici. Una villa all’americana con un corridoio lungo e le porte a destra e sinistra tutte uguali. Avevo il mio bagno privato, forse più grande della camera, e una cucina importante dove mi sono divertita a cucinare per la mia famiglia tantissimi piatti per la cena.

Vivere come un locale
Una mattina il capofamiglia mi raggiunge in giardino mentre sto strappando l’erba da intorno a una pianta che poverina non respirava più. Mi racconta che è riuscito a trovare dei biglietti gratis per la partita dei Portland Timbers per quella sera stessa. Cosa c’è di più local che andare allo stadio? Potevo forse rifiutare? E così mi sono ritrovata in macchina verso la città e poi seduta al bar davanti allo stadio per mangiare un trancio di pizza, bere un paio di birre e fare un po di casino.
Mi sembrava di stare in uno di quei film americani dove vedi i tifosi seduti allo stadio guardare la partita della loro squadra del cuore. Ho imparato i cori, ho esultato e sofferto con loro, e anche se alla fine i Timbers non hanno vinto ho vissuto esattamente l’esperienza che volevo. Mi sono sentita parte integrante di una nuova cultura, ho fatto esattamente quello che gli americani fanno, mi sono integrata e per un attimo mi sono sentita anche io una vera cittadina di Portland.
Una settimana vola in fretta. Ma è stata una settimana intensa e prima di partire mi è stata concessa in prestito una macchina con la quale sono riuscita a raggiungere in giornata il mare. Ho visitato la famosa spiaggia del film dei Goonies e tutta la costa un po piu a sud per poi passare nella foresta e tornare a casa per cena. Non hanno voluto neanche i soldi della benzina. Mi hanno trattata a tutti gli effetti come un membro della famiglia e io gliene sono grata.
Approfondimenti: Una settimana a Portland con workaway e impressioni personali sulla città
Cannon Beach è la destinazione imperdibile sulla costa dell’oregon
Oregon: Eugene
Eugene è famosa per essere la città che ha dato casa a Matt Groening, fondatore dei Simpson, il quale si sedeva quasi tutti i giorni da Max, un pub poco lontano dal centro, e disegnava quello che poi diventò il cartone più famoso di tutti i tempi. Ed è proprio per questo che sono voluta venire a Eugene, per vedere con i miei occhi Springfield, che si trova poco distante e per sedermi anche io al pub di Max e immaginare di essere da Moe.

A Eugene ci sono stata pochi giorni ospite di una ragazza che aveva bisogno di tagliare tutte le mele del suo albero a fettine sottili sottili per poi metterle a seccare. Ho passato così un paio di ore al giorno a tagliare meline, ma ho anche pulito il portico e strappato le erbacce in giardino.
Dormivo in ingresso, su un divano un po vecchiotto ma abbastanza comodo, sentivo la gente andare e venire, ma non mi disturbava più di tanto. In casa eravamo in 4, più Mortimer il gatto nero che ogni tanto dormiva con me.
Approfondimenti: Eugene – Sulle tracce dei Simpson
Bend
Da Eugene sono andata a Bend perchè stavano cercando dei volontari che andassero ad aiutare in un ranch di cavalli selvatici.
Mi sembrava una cosa bellissima da fare e infatti è stata un esperienza fantastica!
Ci svegliavamo all’alba e dopo un paio di tazze giganti di caffè iniziava il giro per dare la colazione anche ai cavalli.
Ogni cavallo è diverso, ho imparato che esistono diversi tipi di fieno e che alcuni cavalli hanno bisogno di integratori e di mangimi particolari. Entravamo nei recinti dei cavalli più domestici, ma anche nei prati dove c’erano solo i cavalli selvatici e bisogna stare attenti a non rimanere nel mezzo quando gli si dava da mangiare perchè è pericoloso.
Una volta ogni due o tre giorni cambiavamo l’acqua agli abbeveratoi e pulivamo i rifugi. Alla fine della settimana ero in grado di fare tutto da sola, proprio io che di cavalli ne so poco e niente. L’ultimo giorno sono rimasta da sola, ho dato la colazione a tutti, li ho liberati per lasciarli giocare da soli, e sono andata a trovare il piccolo puledro sempre un po impaurito, ma che alla fine veniva direttamente a mangiare il fieno dalle mie mani se non commettevo movimenti bruschi.

Vivevo in una roulotte con un piccolo termosifone elettrico. Dalla finestra della mia camera vedevo l’alba avvicinarsi e sentivo i cavalli litigare tra loro durante la notte. Il bagno era esterno, uno di quei bagni chimici piazzati nell’area centrale. Speravi sempre di non svegliarti mai nel cuore della notte per andare in bagno. Bend si trova in una zona desertica e quindi la temperatura è calda di giorno e fredda la notte.
Un esperienza che porterò sempre nel cuore e che mi ha insegnato tutto un mondo di cose che neanche conoscevo.
Clicca qui sotto per continuare a leggere la seconda parte di questo viaggio!
Accipicchia! Questa è una tratta che in parte (sogno di fare anche io). Capisco profondamente quando dici che non era un viaggio programmato ma che è nato come una sorta di esigenza. Certo poi i racconti delle varie tappe sono tutti incredibili – la testa di panda è esilarante!. Chissà quali altre sorprese ci riserverai nelle prossime puntate!
Panda è stato il vero protagonista del viaggio! 😉
Ma che forza questo viaggio. Chissà che paura avere a che fare col poliziotto americano. Comunque è un viaggio che ti invidio parecchio. Aspetto il resto…
Beh un pochino ho sudato freddo, anche se mi importava relativamente passare il confine, fa sempre un certo effetto quando ti fermano in dogana e ti guardano come se stessi trasportando qualcosa di illegale XD
Wow la tua vita somiglia più ad un telefilm, un’avventura dietro l’altra!! Voglio condividere la tua esperienza sulla mia pagina Coast 2 coast dedicata agli USA (https://www.facebook.com/coast2coastUSA/) se ti va passa a trovarmi!!!
Grazie mille, mi fa molto piacere 🙂
Wow, incredibile come un viaggio senza una meta ben precisa – meta che all’inizio non ti entusiasmava neanche magari – ti abbia portato a conoscere bella gente, fare nuove ed entusiasmanti esperienze e ti abbia portata a visitare posti che magari non avresti avuto la possibilità di vedere altrimenti. Chapeau!
si, non era proprio un posto in cui avrei pensato di viaggiare in questi anni, io che sono sempre a corto di soldi e invece si può fare! E ora ho voglia di tornare per fare altre nuove ed emozionanti esperienze.
Ti faccio i miei più sinceri complimenti per questo meraviglioso viaggio.. Mi hai fatto rivivere il tuo stesso viaggio ed è stato magnifico, un esperienza che ti porterai per tutta la vita e che sicuramente non si dimenticherà facilmente!!
Ti ringrazio davvero, mi fa molto piacere il tuo commento!
Che bello leggere le tue avventure! Iniziando dalla testa da panda e continuando nella lettura, non ho smesso di sorridere e stupirmi! E i cavalli… wow! Sto valutando di utilizzare workaway durante il mio prossimo viaggio, l’unica cosa che mi preoccupa è di capitare in posti non puliti. A te è mai successo?
Ciao Sara!
Si a volte succede e la pulizia di solito fa parte delle ore di lavoro che devi fare, per questo di solito non mi pesa. Prima di arrivare in un posto so già che dovrò rimboccarmi le mani e pulire un po! Se parti con l’idea che tanto appena arrivata farai un po di pulizia le aspettative si abbassano e le volte che troverai già tutto pulito e in ordine sarà una fantastica sorpresa 🙂
Se potessi tornare indietro nel tempo anche io vorrei fare nella mia vita esperienze simili .. Ti ho invidiata (nel senso buono del termine) in questo tuo racconto =)
Non c’è età per queste esperienze 🙂 Ho sentito host che hanno ospitato anche persone anziane sui 70 anni, quindi non poniamoci limiti e viviamo le esperienze che vogliamo fare!
un abbraccio
Che bella avventura in giro per gli States!
Viaggiare, lavorando qualche ora al giorno, per poi rispostarsi e vivere come una local, posso solo immaginare quanto sia entusiasmante.
Una scelta coraggiosa, complimenti!
E’ ormai la mia scelto di viaggio da molti anni, non mi piace piu viaggiare senza entrare in contatto con i locali. Ne sento il bisogno 🙂
Complimenti per questo meraviglio e incredibile viaggio. Ciò che pensi non ti attragga poi si trasforma in una bellissima esperienza che ti porta a visitare quei luoghi che magari non avresti visto tanto presto
Esatto, lasciandosi andare e dicendo “Why not?!” a volte si scoprono a volte luoghi e persone davvero meravigliose
Mentre ti leggevo mi passavano davanti delle immagini come un film. Un film che mi è piaciuto e che vorrei continuare a guardare. Grazie aver condiviso con noi queste avventure.
Grazie a te per avermi letto!
Ciao bellissimo viaggio! Ma per viaggiare negli usa e fare workaway hai dovuto fare qualche visto particolare o solo l’esta?
Io ho fatto solo l’esta 🙂