Sono sul bus notturno che da Bagan mi porterà al lago Inle. Il bus arriva al lago Inle come al solito, a notte fonda.

Sul bus ho incontrato 5 ragazzi sordi molto simpatici che gentilmente mi hanno accettata nel gruppo e ho così potuto passare con loro tutta la giornata.
Non avevo mai pensato a come potesse viaggiare un ragazzo sordo, non mi ero mai immedesimata, non ci avevo neanche mai pensato. Eppure è così facile usare carta e penna! Il linguaggio dei segni è internazionale e se tutti sapessimo usarlo forse diremmo meno cazzate.
Lungo la strada da Bagan abbiamo anche bucato una ruota e abbiamo dovuto aspettare il bus sostitutivo.
Tour in barca sul lago Inle
Giunti all’ostello che avevo prenotato è iniziata una lunga contrattazione per l’organizzazione di un tour in barca sul lago.
Ci incamminiamo tutti insieme verso il fiume, saliamo sulla barca in fila indiana, l’aria era fredda e più ci addentravamo verso il lago più la nebbia diventava fitta.

I pescatori a Inle Lake sono l attrazione principale. Pescano con delle reti coniche e remano attorcigliando la gamba al remo.

In realtà ce ne sarebbero da dire di cose…
Per esempio che oramai sono solo un attrazione turistica.
Ti vedono arrivare da lontano, loro sono li ad aspettare. Ti vengono incontro, si mettono in posa per farsi scattare le foto, poi ti si avvicinano…e ti chiedono soldi.


I veri pescatori sono più avanti, pescano con reti normali, alcuni si aiutano a remare con la gamba, altri spingono il remo con le braccia.
Io prima di andare in un qualsiasi posto, leggo un sacco di blog per farmi un idea. Ma com’è che nessuno scrive la verità? Tutti che scrivono e raccontano di questa fantastica esperienza con i pescatori, ma come fa ad esserlo se è tutto innaturale e sono lì solo come fossero delle belle statuine?
Probabilmente un tempo quelle reti venivano utilizzate davvero per la pesca, ma ora per quello che ho potuto vedere, non più.

Il viaggio in barca è proseguito tra gli orti galleggianti di pomodori, coltivati in questo modo così incredibile, ma così ingegnoso! Non ho potuto toccare con mano, ma le piante di pomodoro galleggiano in qualche modo sull’acqua.

Passato il villaggio di palafitte la barca inizia a fermarsi in diversi posti.
Scopriamo alcune donne che filano una fibra estratta dal fiore di loto, creando dei tessuti molto belli e costosi. Poi incontriamo le donne della tribù col collo lungo, e alcuni uomini che modellano il ferro, incontriamo donne che vendono sigari e sigarette, negozietti che vendono oggetti fatti in bambù, bracciali e anelli in argento, sciarpe di seta.

Tutti facevano le foto con la donna con gli anelli lunghi al collo, che molto probabilmente seduta su una panca faceva il suo lavoro, appunto farsi fotografare.
Non me la sono sentita di fare una foto insieme a lei.
Siamo rimaste a guardarci negli occhi per qualche minuto, senza dirci niente. Quello che mi ha trasmesso è stata noia e obbligo nel dover fare un lavoro che la portasse a essere considerata “strana” e quindi fotografata nella sua natura.
Ho fotografato invece le sue colleghe che filavano e sono uscita subito.

Dopo una breve sosta alla pagoda Phaung Daw Oo torniamo verso casa.

La cosa che mi è piaciuta di più (a parte scoprire che si possono creare vestiti col fiore di loto) è stata la scoperta di uno snack particolare che producono ovviamente a mano, mi hanno detto solo al lago Inle.
Sembrano delle specie di fonzies, un pochino più scuri. Ma sono semplicemente piselli gialli secchi, (così mi hanno detto) schiacciati a mortaio, emulsionati con po d’acqua e fritti nell’olio. Offerti dalla signora del negozietto di oggetti in bamboo, sono stati completamente divorati e appena arrivata sulla terra ferma ne ho comprato un bel pacchetto. Li fanno anche di mais, ma sono meno buoni.

Il tour è stato carino, niente di particolare se si è già stati in altri villaggi galleggianti, un po turistico per i miei gusti, probabilmente lo rifarei solo per scoprire quei fantastici fonzies.
I miei nuovi amici ripartono appena finito il tour in barca, con un altro bus notturno, io invece rimango una notte, voglio visitare i dintorni.

Il giorno dopo con la bicicletta gratis che offre l ostello mi dirigo verso la parte ovest del lago. Sulla stradina che mi porta al punto panoramico incontro piccoli villaggi, orti, campi di girasoli, negozietti pieni di polvere.
Finchè non trovo un cartello che indica coltivazioni di tofu e mi addentro nel villaggio.




Semi di girasole e di zucca stesi al sole a seccare creano quadrati colorati, la legna accatastata al fianco delle case, i galli mi attraverso la strada veloci e le cucine a vista delle case mostrano pentoloni giganti neri sul fuoco, non vedo altri turisti.


Alcune donne mi invitano ad entrare in casa. Una di loro sta cucinando delle particolari crepes viola, in un altra casa qualcuno sta facendo il tofu. E’ giallo, un giallo acceso!


Il sole sta cominciando a scendere e tornando verso casa un serpentello verde mi taglia la strada! Quasi mi entra nei cerchi della bici.
Felicità, natura, colori, queste le tre parole che mi vengono in mente quando penso a questi due giorni al lago Inle.
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